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giovedì 26 aprile 2012

Rubare ai poveri per dare ai ricchi, una dittatura Montiana alla quale ci affidiamo senza rimorsi

Le tasse aumentano e intanto sentiamo che i nostri soldi finiscono nelle tasche dei partiti che li spendono come vogliono: dal comprare il diploma ai figli dei propri capi alla ristrutturazione di case senza che i proprietari se ne accorgano. Questa politica è senza ombra di dubbio malata, ci siamo illusi che un “colpo di stato legalizzato” come quello di Monti avrebbe risollevato le sorti del nostro paese, ma in realtà la situazione è ancora disastrosa. Silvio continuava a raccontarci balle, è vero, Mario invece ci sbatte la realtà in faccia, ma siamo sicuri che le sue manovre economiche e politiche siano giuste e non siano la solita sol-fa di leggi che vanno a discapito della piccola massa? È sempre così o sbaglio? C'è sempre l'ultima ruota del carro che paga imu e imu bis, perchè tanto ai ricchi pagare qualche euro in più di imu non pesa, ma a chi si è costruito la casa con tanti sacrifici e che arriva a mala pena a fine mese pesa nel bilancio, come pesa aumentare l'accisa in caso di calamità. A me sembra che le auto blu ci sono ancora, a me sembra che gli sprechi, e tanti, non si sono abbassati, eppure c'è Monti, ci affidiamo tutti a lui senza pensarci due volte, ma siamo sicuri di chi sia costui, di quello che sta facendo? La storia ci insegna che i grandi periodi di crisi portano all'instaurazione delle dittature, siamo sicuri di quello che stiamo facendo? Siamo sicuri che riporre la nostra fiducia in questa politica malata e orrenda ci possa salvare e non portare nell'oblio?
Non vorrei tacciare il nostro attuale premier di essere un dittatore, ma l'attuale coscienza pubblica, quello che si respira nell'aria quotidianamente, mi spaventa, tutti ci affidiamo a questo politico, il poco dissenso che aveva, anche all'interno delle istituzioni, è stato screditato, a me la cosa comincia a spaventare. Vedo il popolo italiano poco sveglio, perché sento che le nostre coscienze si sono assuefatte a tutto ciò, non abbiamo la voglia di ribellarci... Per riprendere l'esempio di uno scrittore che è morto da poco, non riusciamo a fare quel salto di qualità che ha fatto Pereira, non riusciamo a dire che noi siamo gli italiani, che la sovranità appartiene al popolo.

martedì 17 aprile 2012

La morte che ci presentano i media senza “la livella”

Chiudi gli occhi e non li riapri più; qualcuno la chiama morte qualcuno trapasso ad una vita migliore, principio e fine, morte e resurrezione, chi crede e chi non crede nell'aldilà, chi pensa che ci sia qualcosa oltre tutto quello che vediamo sulla terra e qualcuno che crede che ci sia il nulla. Oggi, non torno a scrivere per disquisire della fine che facciamo quando ci addormentiamo, quello che voglio valutare quest'oggi è come possa esserci una gerarchia della morte. Quanti operai oggi muoiono sul lavoro? Quanti perdono la vita tutti i giorni per salvare la vita al prossimo? Eppure queste persone non arrivano neanche a fare numero nelle cronache, sono dimenticati da tutti. Non voglio entrare in merito alla morte di nessuno, so che perdere qualcuno a cui si vuole bene fa male, ma non fa meno male se esso è operaio o calciatore o cantante. È morto un calciatore e tutto si è fermato, il calcio si interroga scrivono alcuni quotidiani... ma su cosa si interroga? Muore una persona ogni 7 secondi, gente piange ogni giorno eppure è diverso se muore un cantante, è diverso se muore un calciatore ed è diverso se muore un attore?
Totò nella sua famosa poesia la livella diceva che finalmente la morte era lo strumento che “riapparava” la società, ma nel 2012, con l'avvento dei media è realmente così? Siamo in una società dove le diversità sono molto più marcate di 50 anni fa, dove neanche la morte riesce più a livellare la nostra società. Io vorrei che la società dello spettacolo la smettesse di rendere spettacolare la fine della vita. Spettacolare, secondo il mio modesto parere, è la morte di un operaio che lavora 14 ore al giorno, che passa la vita a spaccarsi la schiena per pagare il pane ai propri figli, loro sono eroi che dovrebbero andare sulle cronache, perchè loro rappresentano una società malata, che se ne frega di morti sul lavoro e stragi di innocenti. Muore un calciatore e giustamente chiediamo di avere defibrillatori a bordo campo, muore un operaio in nero in un cantiere edile e nessuno si chiede come rimediare a tutto ciò. Quando si parla di morte non si può certo evitare di non pensare al cimitero di Spoon River... e pensando a Masters mi viene in mente una delle sue tante “lapidi” quella del marinaio che quando arriva alla fine della sua vita la sua vela si ammaina... come la barca del pescatore entra nel porto per ammainare le vele allo stesso modo prosegue lo yacht del miliardario e il barcone dell'immigrato, tutto si eguaglia alla fine della vita anche se una morte per errore della nostra società e dei media fa più scalpore, il traguardo si raggiunge tutti nello stesso modo, si supera la soglia e si vive di uguaglianza. Forse oggi è l'unica uguaglianza che ci resta.